Come si può spiegare il lutto ai bambini? Cosa possiamo dire e fare per aiutarli ad affrontare la perdita di una persona cara? Negli ultimi anni mi è capitato di pormi più volte questi interrogativi. Ho intrapreso diverse psicoterapie con bambini e ragazzi a cui è accaduto, dall’oggi al domani, di perdere una persona significativa della propria vita.
A molti di noi sarà capitato di dover affrontare un lutto importante. Dalla perdita di persone molto care, come il lutto dei nonni, di un parente, di un amico stretto, fino alla perdita di un genitore.
La domanda che mi viene spesso posta è questa: i bambini sono in grado di comprendere il tema della morte? Questa domanda ci porta ad interrogarci se il lutto nei bambini assume delle caratteristiche diverse a seconda dell’età e del livello di sviluppo. La risposta a questi dubbi è dipende. Dipende in particolare dall’età dei bambini, dal tipo di rapporto avuto con chi non c’è più, da come gli adulti di riferimento li aiutano a concettualizzare la morte.
Tenendo in considerazione la grande variabilità in età evolutiva, cerchiamo ora di capire più nel dettaglio che cosa accade nelle diverse fasce di età, suddividendo per tappe evolutive il percorso di consapevolezza del concetto di morte.
Nella nostra cultura si tende a parlare poco di morte. Quando possibile, la bandiamo completamente dai nostri discorsi. Se ne parliamo, tendiamo a farlo frettolosamente o cerchiamo di cambiare discorso. Parlare di morte ci fa male, ci spaventa, ci imbarazza, ci preoccupa. Così tendiamo a non confrontarci sulle forti emozioni umane che accompagnano questo momento inevitabile nel ciclo di vita.
Si evita di parlare della morte e del lutto ancora di più se sono presenti dei bambini. La logica alla base della scarsa comunicazione su questo tema dipende dal fatto che gli adulti sono convinti che parlarne con i bambini li esporrebbe troppo alla sofferenza. Tuttavia ciò che accade è che, evitando l’argomento, i bambini non vengono preparati a comprendere cosa può avvenire fuori e dentro di sè in caso di un lutto di una persona cara.
Dalla nascita ai 3 anni: a questa età i bambini ancora fanno fatica a distinguere tra cose vive e non vive, ma sono molto sensibili alle emozioni delle persone che si curano di loro. Se l’adulto è triste, addolorato, sofferente, anche il bambino potrà sentire che qualcosa non va e assumere un comportamento irritabile/tendente al pianto e all’irrequietezza.
Tra i 3 e i 5 anni: i bambini comprendono la differenza tra cose e persone vive e non vive, tuttavia non comprendono il concetto di irreversibilità della morte. Possono cercare la persona scomparsa che non vedono più, possono porre la domanda “dove è andato?” oppure “quando ritorna?”. La morte è percepita come un lungo sonno profondo, oppure un viaggio che prevede un ritorno, ma ancora non come fine della vita terrena.
Tra i 6 e i 9 anni: i bambini comprendono che la morte è irreversibile. Sul piano emotivo fanno fatica ad autoregolare le emozioni, vivendo con estrema paura e ansia l’abbandono delle figure amate. Pur se spaventati dalla morte, sviluppano una curiosità per aspetti che riguardano i riti funebri e possono porre molte domande per acquisire più informazioni.
Tra i 9 e i 12 anni: i bambini hanno un concetto chiaro della morte, come definitiva. In caso di lutto di una persona cara alcuni possono tendere a nascondere le loro emozioni, a voler apparire agli occhi dei più grandi come “più forti” e in grado di affrontare la rabbia, lo sgomento, la tristezza. A questa età possono mascherare le loro emozioni e evitare l’argomento. Da questa età in poi sono in grado di comprendere la morte come gli adulti, tuttavia non riescono ancora bene ad autoregolare le proprie reazioni emotive.
La morte di una persona cara rappresenta un evento molto doloroso e questo a qualsiasi età, ma tale avvenimento assume delle caratteristiche particolari quando a viverlo è un bambino.
John Bowlby (1980), celebre psicologo dello sviluppo, ha evidenziato che l’elaborazione del lutto in caso di perdita di una persona significativa avviene attraverso quattro fasi:
Per comprendere meglio queste fasi e capire come può il bambino essere accompagnato a giungere alla quarta fase di riorganizzazione, ho realizzato un video di approfondimento che trovi di seguito.
Per ciascuno di noi i genitori sono tra le persone più importanti della nostra vita. Unici, come unici sono i legami, le giornate, i momenti, che viviamo insieme a loro. Quando siamo nati loro erano lì ad insegnarci a vivere. Loro sono lì per aiutarci a crescere. Lì per accompagnarci nel bello e brutto della vita. Lì, ci direbbero loro stessi, per “affrontare gli ostacoli”, “per non farci cadere in scelte sbagliate”, “per difenderci contro chi ci fa stare male”, “per amarci a più non posso”.
I genitori sono lì dove la vita inizia e dove l’amore non finisce mai. Sono le radici che ci consentono di diventare a nostra volta nuove radici. A un certo punto della nostra vita ci hanno insegnato proprio loro che non ci sarebbero stati per sempre. Eppure non ci sentiamo mai preparati ad affrontare questo lutto né come adulti, né tanto meno come bambini.
“Ci vuole del tempo per elaborare un lutto”, ci dicono gli altri. A volte ci raccontiamo delle storie: ci diciamo che non parlarne allevi un po’ il nostro dolore. Eppure inevitabilmente qualsiasi perdita significativa lascia dietro di sé uno strascico di pensieri ed emozioni di sofferenza e disorientamento che vanno inevitabilmente, o prima o poi, affrontate, faccia a faccia.
Dagli studi di John Bowlby (1979) si riscontra che i bambini, quando hanno paura e si sentono preoccupati e angosciati, tendono a cercare la vicinanza e la rassicurazione della figura percepita come “più forte e/o più saggia”. Questo sistema comportamentale e motivazionale, determinato biologicamente, è chiamato “attaccamento”.
Solitamente i bambini sperimentano intorno a 9 mesi, per la prima volta, la paura dell’estraneo. Se il bambino viene separato dalla figura di attaccamento, anche per breve tempo e viene lasciato da solo con un estraneo, egli può scoppiare a piangere e mostrarsi angosciato fino al ricongiungimento con il genitore.
In base all’interazione quotidiana con chi si prende cura di loro, i bambini sviluppano delle rappresentazioni interne di sé e delle figure di attaccamento, ovvero dei modelli di sé-con-l’altro (Liotti, 2001). Questi modelli rappresentazionali vengono chiamati anche “Modelli Operativi Iterni”. Essi hanno un’influenza sul modo in cui vengono elaborate le informazioni, oltre che sulle future relazioni affettive. Ne consegue che la perdita di un genitore, quale importante e significativa figura di attaccamento, ha un impatto molto forte sulla sviluppo emotivo, neurofisiologico e psicologico del bambino.
Il lutto di un genitore condiziona, a qualsiasi età, lo stato di benessere psicofisico ed emotivo generale.
La psicoterapia con EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) viene applicata nel trattamento di traumi e del disturbo post traumatico da stress. Questo approccio è spesso utilizzato con bambini, adolescenti e adulti per aiutarli a rielaborare la perdita di una persona cara. Per saperne di più sull’intervento terapeutico con EMDR leggi qui.
Ogni persona ha tempi diversi per elaborare un lutto. Ciò che fa la differenza è soprattutto il “come affrontiamo un lutto”. Questo è diverso per ciascuno di noi.
E qui voglio raccontarvi una storia.
Occupandomi di bambini nella mia attività e pratica clinica, ho conosciuto Fabio, un bambino di 8 anni a cui è morto il papà quando aveva solo 6 anni. Un papà che dai suoi racconti era un vero e proprio supereroe. Ogni mattina entrava nella sua stanza svegliandolo con un grande abbraccio. Lo portava e andava a prendere a scuola. Lo aiutava il pomeriggio a fare i compiti. Da buon supereroe gli ha insegnato anche molte cose: a giocare a calcio, a nuotare senza braccioli, a giocare a biliardino, ad andare in bicicletta senza rotelle. Gli ripeteva spesso una frase molto bella: “tu sei un piccolo eroe e nella vita nessuno ti può fermare”.
Un giorno inaspettatamente il papà non ce l’ha fatta a tornare a casa e a salutare il suo piccolo eroe. Esce di casa come tutte le mattine per andare al lavoro e un infarto fa cessare in un istante tutto. Da quel giorno Fabio vive nella ruminazione costante dei suoi pensieri negativi “perché non l’ho salutato”, “perché se ne è andato?” “perché non è più con me?”, “perché il suo cuore faceva così schifo da non funzionare bene?”, “come faccio a vivere senza di lui?”, “la mia vita non ha più senso senza il mio papà”, “ora come faccio a studiare, a dormire, a essere di nuovo felice”…
Proprio così. Quando cadiamo e ci facciamo molto male vorremmo che il dolore passasse al più presto. Vorremmo “poter ricominciare tutto da capo e far si che le cose ci andassero meglio”. E’ proprio questo quello che Fabio mi ha raccontato parlandomi dei suoi pensieri.
La svolta in chiave positiva di questa storia dai toni cupi e amari è che da un po’ di tempo Fabio ha iniziato un percorso psicoterapeutico per elaborare il lutto del papà. E’ riuscito a ritornare a studiare con regolarità e a prendere dei bei voti. E’ riuscito a riprendere a giocare a calcio. Si, ci sono ancora delle difficoltà e ostacoli che dovrà superare, tra questi la fatica ad addormentarsi la sera. Tra questi, la vitalità, la gioia di vivere, di ridere e sorridere come gli altri bambini della sua età.
Ci vorrà del tempo, ma Fabio è un piccolo grande super eroe.
E lui ce la farà.
In questa psico-recensione parlo del libro: “Tu non ci sei più e io mi sento giù“. Il testo è stato scritto dalle colleghe Anna Rita Verardo e Rita Russo, entrambe Psicologhe e Psicoterapeute, membri attivi dell’Associazione Nazionale EMDR Italia.
In questo libro si affronta il tema della perdita di una persona cara con i bambini. Il testo è un valido aiuto ai genitori, insegnanti e operatori per parlare in modo chiaro ed efficace del lutto, con la finalità di facilitarne il processo di elaborazione.
Ricordiamo inoltre ai bambini e a noi adulti che…
…Così come possiamo ancora vedere la luce di tutte quelle stelle che non esistono più da secoli, così ancora il ricordo di qualcuno che abbiamo amato ci riempirà per sempre di grandi insegnamenti ed emozioni.
“Quando non sarai più parte di me, ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello, che tutto il mondo si innamorerà della notte” cit. William Shakespeare
E tu? Come hai affrontato il lutto con il tuo bambino? Se hai dei dubbi e vuoi confrontarti su questo tema con un esperto per essere supportato in questo momento di difficoltà, puoi richiedere una consulenza compilando il form qui sotto. Risponderò al più presto alla tua richiesta.
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