Il Disturbo Specifico di Apprendimento, chiamato con l’acronimo DSA è una condizione clinica e patologica relativa all’apprendimento di abilità specifiche (lettura, scrittura, grafia, calcolo).
E’ resistente all’intervento, ma con adeguati interventi abilitativi e corrette procedure educative, in misura dipendente dalla gravità del deficit, è possibile un progressivo percorso di miglioramento e appropriate condizioni/opportunità di apprendimento.
La Dislessia fa parte dei Disturbi Specifici di Apprendimento – DSA. Un piccolo ma crescente numero di ricerche suggerisce che la dislessia sia un disordine cronico che permane per tutta la vita (Kemp, Parrila e Kirby, 2009). I DSA non scompaiono dunque con la fine della scolarizzazione ed è noto che il substrato biologico e un certo grado di difficoltà, soprattutto per la Dislessia, siano riconoscibili anche in età adulta (Cornoldi, Candela, 2015).
Occorre sottolineare che ci sono molte persone brillanti e creative con dislessia che, pur non imparando per tutta la vita a leggere velocemente e correttamente, possono ugualmente e a pari merito intraprendere percorsi professionali, accademici, imprenditoriali e lavorativi allo stesso modo delle persone senza disturbo.
Ma come avviene il trattamento della Dislessia?
In questa prima parte di video ti mostro quali sono gli obiettivi che si pone il clinico nelle attività di potenziamento dell’abilità di lettura nella Dislessia:
In questa seconda parte di video ti mostro alcuni esempi di attività che vengono solitamente svolte in campo clinico per migliorare la fluenza e la rapidità di lettura nella Dislessia.
PS: Gli esempi riportati non sono esaustivi di tutto il lavoro che viene effettuato nel potenziamento clinico. Ciascuna attività viene selezionata, tarata ed eseguita sulla base dello specifico profilo di funzionamento del bambino:
In questa terza parte di video parliamo di alcune attività che vengono solitamente svolte in campo clinico per migliorare la correttezza dell’abilità di lettura. Queste attività sono volte a migliorare il controllo dell’errore con l’obiettivo di ridurre la quantità di errori durante l’abilità di decodifica di un testo:
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La dislessia può causare serie difficoltà nella vita di tutti i giorni, specialmente per chi vuole proseguire con gli studi. Da diverse ricerche è emerso che studenti universitari dislessici continuano a presentare difficoltà nel percorso di apprendimento.
Ad esempio, Snowling e colleghi (1997) hanno confrontato studenti universitari dislessici e colleghi normolettori in una serie di compiti cognitivi e di apprendimento. Gli autori hanno trovato differenze marcate tra i due gruppi in test di processamento fonologico (ad esempio, lettura di non parole).
In un altro studio, Hanley (1997) ha ottenuto risultati simili, trovando che gli studenti dislessici ottenevano una prestazione peggiore dei controlli in compiti come lettura di non parole, decisione lessicale, spelling di parole e memoria di lavoro.
Inoltre Hatcher e colleghi (2002), con studenti universitari del Regno Unito, trovarono che gli studenti dislessici sono più lenti nella lettura di parole e non parole rispetto alla lettura di brano al punto che di solito necessitano di tempi aggiuntivi durante esami o compiti.
Riassumendo si può affermare che la lentezza nella decodifica rimane una delle caratteristiche principali, mentre l’accuratezza migliora in relazione alla scolarità. Oltre a ciò permangono difficoltà nei compiti di spelling ed espressioni scritte poco articolate. Ciò può determinare nei dislessici mancanza di fiducia, bassa autostima e un incremento del livello di frustrazione.
La ricerca scientifica nel campo conferma che le persone dislessiche non riconosciute e trattate durante lo sviluppo, quando raggiungono l’età adulta, non necessariamente dimostrano compromettenti difficoltà quotidiane nel leggere e scrivere.
I disturbi specifici di apprendimento li abbiamo difatti definiti “disturbi evolutivi”, ovvero che “evolvono” con lo sviluppo e la crescita del soggetto. Per tale ragione i dislessici che non hanno seguito alcun trattamento possono incrementare lentamente la propria velocità di lettura, circa 0,3 sillabe al secondo per anno, che si chiama “evoluzione naturale”, senza trattamento. Inoltre attivano strategie spontanee di compensazione delle proprie difficoltà, rimanendo tuttavia significativamente più lenti rispetto ai normolettori.
L’accuratezza (ovvero numero di errori di lettura) può in alcuni casi migliorare in relazione alla scolarità, portando a una parziale compensazione (Martino, Pappalardo, Re, Tressoldi, Lucangeli e Cornoldi, 2011).
È stato pertanto riscontrato che nell’adolescenza e nella prima età adulta si possono osservare diversi miglioramenti nella consapevolezza fonologica, anche se l’abilità di lettura risulta deficitaria rispetto ai soggetti ai quali non è stata riscontrata nessuna forma di dislessia.
Inoltre, secondo alcuni autori, la dislessia non viene compensata pienamente anche nelle forme meno gravi, poiché i soggetti necessitano comunque di tempi più lunghi per svolgere i compiti (Hatcher, Snowling e Griffiths, 2002).
Anche in bambini di lingua italiana è stato rilevato come l’abilità di lettura ad alta voce mostri un continuo sviluppo per quanto riguarda sia l’accuratezza che la rapidità. Tressoldi (1996) e Stella e Tintoni (2007) riferiscono un incremento medio, nei normolettori, pari a 0.5 sillabe al secondo l’anno durante la scolarizzazione dell’obbligo. I bambini dislessici, invece, aumentano la loro velocità di lettura mediamente di un terzo di sillaba al secondo l’anno (Tressoldi, Stella e Faggella, 2001). Questo dato implica che il divario tra normolettori e dislessici aumenta sempre di più con il passare degli anni.
Evidenti miglioramenti si osservano, al contrario, nella correttezza di decodifica che arriva ad avvicinarsi ai valori normativi della popolazione. Per quanto riguarda le abilità di processamento fonologico, esse risultano compromesse e sembrano correlarsi con i livelli di difficoltà nella lettura del soggetto.
Il trattamento della Dislessia concordato con lo specialista deve basarsi su dei modelli chiari e sulle evidenze scientifiche più recenti di efficacia. Questo vuol dire che se un intervento non funziona, o non porta a miglioramenti in un lasso di tempo definito occorre rivalutare come è opportuno procedere.
La risposta all’intervento costituisce pertanto un elemento utile per individuare i soggetti “resistenti”, cioè che non manifestano dei miglioramenti significativi.
Ogni bambino o ragazzo con disturbo specifico di apprendimento può dunque presentare un’evoluzione diversa in termini di efficacia del trattamento, che dipende dai molteplici fattori, riassumibili in tre punti chiave:
1) gravità del DSA: severi disturbi dell’apprendimento sono più resistenti all’intervento e all’automatizzazione, di conseguenza lo stato psicologico di disagio della persona sarà maggiore. Per tale ragione occorrerà intervenire in modo prioritario sugli aspetti emotivi e relazionali nel progetto di trattamento.
2) rete di risorse: le risorse possono riguardare la persona o il contesto di riferimento. Per risorse si intendono pertanto sia i punti di forza o particolari abilità specifiche che già possiede, le quali andranno stimolate e rinforzate positivamente dalle figure di riferimento, per fornire vie di compensazione sia dal punto di vista funzionale, che psicologico. Riguardo il contesto, ci si riferisce alle risorse presenti nei genitori (nel contesto familiare) e negli insegnanti/ professori (nel contesto scolastico) che dovranno adottare una comunicazione efficace, un ascolto attivo mirato al fronteggiamento delle difficoltà, e supportarli per sostenerli ad affrontare le situazioni problema, in particolare nelle attività di studio.
3) precocità della diagnosi: una tempestiva valutazione psicodiagnostica è il passaggio prioritario in una situazione di difficoltà o di disturbo, in quanto consente di comprendere i punti di forza e di debolezza, di impostare un piano di intervento, che dovrà essere non solo sugli apprendimenti, ma anche di sostegno psicologico, qualora vi siano difficoltà emotive-motivazionali, bassa autostima, eccessiva ansia e/o vissuti depressivi associati.
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