Scegliere di portare il proprio bambino da uno psicologo è ancora oggi per molti genitori fonte di grandi timori e perplessità. Si è assaliti da dubbi e preoccupazioni relative al fare o non fare questo passo. I genitori spesso si domandano: Sarà giusto chiedere l’aiuto di uno psicologo? Come vivrà questa esperienza mio figlio? E’ forse troppo piccolo per andare dallo psicologo? Come avverrà il primo incontro? Cosa succederà dopo il primo incontro? Come informo mio figlio del primo incontro con lo psicologo?
Se ti è capitato di richiedere un appuntamento con uno psicologo per approfondire alcuni aspetti del comportamento del tuo bambino ti sarai posto una o più di queste domande.
Molti bambini possono avere fin dai primi anni di vita dei rallentamenti nell’acquisizione di alcune fondamentali tappe di sviluppo (indicare, parlare, camminare, e così via). Oppure presentare delle difficoltà di regolazione del comportamento, dell’attenzione, difficoltà di apprendimento, di memorizzazione, di linguaggio, di coordinazione fine o grosso motoria. Altri bambini possono presentare nel corso della crescita dei disagi emotivi, relazionali e interpersonali; alterazioni del ritmo sonno-veglia, dell’alimentazione, del controllo corporeo. Lo psicologo è dunque una vera e propria figura di riferimento che aiuta i genitori a comprendere la natura della problematica e come affrontarla.
Alcuni genitori prima di prenotare un primo incontro con lo psicologo si sentono in colpa, in quanto, a torto o a ragione, si ritengono responsabili dei problemi del figlio. La richiesta di un aiuto psicologico può essere dunque accompagnata per una mamma o un papà da una sensazione di impotenza della propria capacità genitoriale. Tuttavia l’obiettivo dello psicologo fin dal primo incontro non è quello di colpevolizzare un genitore o un bambino per le difficoltà presenti. L’obiettivo è di costruire una sana, fiduciosa e reciproca unione di forze, in modo che si possa assumere un atteggiamento collaborativo vincente per affrontare il problema.
La parola “Psicologo” è connotata di molti significati diversi. Mentre ci rechiamo senza grandi perplessità dal medico di fiducia se non ci sentiamo bene, difficilmente ci rechiamo con la stessa facilità da uno psicologo se avvertiamo una sensazione diffusa di malessere generale o difficoltà ad affrontare un problema.
Tuttavia, se ci fermiamo un attimo a riflettere, le origini della psicologia sono molto antiche. Affondano nella grande filosofia greca dove il termine “psiche” era usato per indicare il “respiro vitale” e “l’anima“. Tanti filosofi, come Aristotele, studiarono le funzioni proprie dell’essere umano “pensante” e “razionale”: l’intelletto, i desideri, i sentimenti, il piacere, la sofferenza e così via. Ma è solo nella seconda metà dell’800 che si è cominciato ad indagare questi e altri fenomeni psichici con un metodo più propriamente scientifico.
Nasce così lo psicologo, un professionista che studia l’uomo e il suo comportamento, per conoscere e comprendere meglio noi stessi e gli altri. Lo psicologo si pone diversi obiettivi nel suo lavoro tra i quali: descrivere, spiegare, ascoltare, prevedere, raccogliere dati, osservare il comportamento, misurare, migliorare la qualità di vita e il benessere delle persone. Oltre a questo favorisce il cambiamento, potenzia le risorse e accompagna gli individui in particolari momenti critici della loro vita che possono essere fonte di grande sofferenza e disagio. Per fare questo si avvale di alcuni strumenti clinici utili tra cui: il colloquio clinico, l’osservazione, test e questionari.
Durante il primo incontro lo psicologo ha la necessità di raccogliere delle informazioni per comprendere la natura della problematica presentata dal bambino. Quindi il primo vero incontro lo psicologo lo fa solitamente con i soli genitori. Nel primo colloquio con i genitori lo psicologo pone a entrambi delle domande sulla storia clinica del bambino: quando ha acquisito le principali tappe dello sviluppo, da quando sono iniziate le sue difficoltà, dove si manifestano maggiormente, quali tentate soluzioni hanno messo in atto per aiutarlo ad affrontarle, quali sono gli interessi e impegni scolastici e familiari, e così via.
Alla fine del colloquio, sulla base delle informazioni raccolte, lo psicologo decide come procedere. Possono configurarsi diversi scenari. Occorre valutare la completezza degli elementi raccolti: se si ritiene che le informazioni in possesso non siano sufficienti si fissa un secondo colloquio con i genitori. Se e informazioni sono sufficienti, sulla base della problematica riferita, si può decidere di far iniziare al bambino un percorso di valutazione psicodiagnostico. Se i genitori sono d’accordo si condividono con loro le regole del setting, che riguardano:
E’ dunque in un secondo momento che avviene il primo vero incontro tra il bambino e lo psicologo.
Nel primo incontro con il bambino lo psicologo ha l’obiettivo di conoscerlo e di instaurare una relazione di fiducia con lui. Dopo essersi presentato, farà vedere la stanza nella quale trascorreranno del tempo insieme. Lo psicologo fornirà il giusto spazio al bambino per permettergli di familiarizzare con il nuovo ambiente di lavoro. Dopo una fase di conoscenza iniziale lo psicologo presenterà delle attività per indagare il funzionamento cognitivo, comportamentale ed emotivo del bambino. Al bambino viene spiegato con parole semplici cosa si farà insieme e per quanto tempo, invitandolo a porre domande che possano aiutarlo a comprendere la situazione. La chiarezza e l’onesta sono indispensabili per instaurare un clima collaborativo e partecipativo.
I test sono solitamente attività carta e matita che vengono svolte insieme allo psicologo. Durante l’esecuzione dei test il bambino viene lasciato libero di esprimersi, senza essere richiamato per eventuali errori nelle prove cognitive o di performance. Lo scopo dei test è soprattutto indagare il profilo di funzionamento del bambino al momento della richiesta di consultazione. Per tale ragione lo psicologo è molto attento a non influenzare in alcun modo lo svolgimento delle prove e a far sentire a suo agio il bambino per tutta la durata dell’incontro. Ogni attività viene presentata in modo ludico e senza fretta per permettere l‘accoglienza, l’ascolto, la comprensione, la gratificazione del bambino. E’ compito dello psicologo far si che in ciascun incontro si sperimenti la positività dello stare insieme. Se il bambino si sentirà sereno e coinvolto in modo autentico sarà più propenso a ritornare con maggiore disponibilità nei futuri incontri.
E’ difficile stabilire a priori il numero di incontri effettivi che servono per approfondire e intervenire sulle difficoltà del bambino e della famiglia. Pertanto, a seconda della tipologia di problematica riscontrata, il numero di incontri con lo psicologo è variabile. E’ possibile dare una indicazione di massima, che tuttavia varia molto da situazione a situazione. Solitamente nella prima fase di indagine clinica il primo colloquio con i genitori si caratterizza per un paio di incontri.
Gli incontri di valutazione con test e attività di indagine specifiche con il bambino nella fase di valutazione psicodiagnostica possono invece variare da tre sedute a circa cinque/sei sedute (o più).
A conclusione del percorso di valutazione lo psicologo incontra nuovamente i genitori per svolgere un colloquio di restituzione. In questo incontro rilascia una relazione clinica in cui si trovano le osservazioni cliniche effettuate dallo psicologo. Lo psicologo ha così il compito di spiegare i punteggi ottenuti ai test somministrati, di far comprendere ai genitori il profilo di funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale del bambino. Viene poi spiegata la diagnosi e fornite delle indicazioni per il percorso di intervento terapeutico o di potenziamento. Se vuoi saperne di più sulla valutazione con bambini e adulti leggi qui: la valutazione psicodiagnostica
Scegliere le parole adatte per comunicare al bambino il primo incontro con lo psicologo è il primo passo per avviare una buona predisposizione alla conoscenza reciproca. Se il bambino percepirà paura e preoccupazione dei genitori nei riguardi dello psicologo potrà a sua volta essere spaventato dall’incontro e recarsi malvolentieri il giorno dell’appuntamento. Per comprendere come poter comunicare in modo funzionale questa notizia al bambino, poniti la domanda: se tu fossi chiamato a un appuntamento per un primo incontro con uno psicologo, cosa vorresti sapere?
Probabilmente vorresti sapere:
1) Da chi vai, ovvero qualcosa in più sul professionista con il quale hai l’appuntamento (chi è e cosa fa lo psicologo).
2) Cosa farai lì e per quanto tempo.
3) Perché devi andare dallo psicologo.
A questi tre punti potrai pertanto attenerti per comunicare con il tuo bambino. Prova adesso a fare questo esercizio. Formula delle risposte scritte alle domande che trovi di seguito immaginando di dover parlare con tuo figlio:
Mentre scrivi cerca di usare un linguaggio semplice e di facile comprensione. Evita termini troppo tecnici o specialistici che potrebbero confondere il bambino che ti sta ascoltando. Fatto? Bene adesso confronta le tue risposte con alcune proposte che troverai nel video di seguito. In questo video è illustrata la situazione di un genitore che ha deciso di iniziare un percorso di valutazione psicodiagnostico per sospetta dislessia o difficoltà di apprendimento. L’esempio nel video, che potrai personalizzare a tua volta in base alle tue specifiche necessità, ha lo scopo di mostrarti come puoi comunicare in modo più efficace al tuo bambino il primo incontro con lo psicologo.